Spegnere le luci per ricercare la luce

Un tempo nel mese di novembre e di dicembre, quando le giornate si accorciano e scende presto l’oscurità della sera, si moltiplicavano le occasioni di accendere candele e di ornare a festa le ore serali. L’antichissima usanza di accendere lumi sulle tombe il giorno di Tutti i Santi e della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, di ornare con candele, nelle settimane precedenti il Natale, le corone di avvento, i regali di Natale e gli alberi di Natale, era denso di significato religioso.
Ora però siamo nella civiltà della luce perenne, ogni luogo è illuminato e rarissimamente facciamo l’esperienza del buio totale. Se chiedessimo a un ragazzo delle nostre città che cosa gli viene immediatamente in mente alla parola luce direbbe lampadina o energia elettrica. Ben diversa sarebbe la risposta di un ragazzo di una tribù africana o amazzonica, che penserebbe al sole, o al fuoco intorno al quale ci si raduna alla sera.
Gli uomini hanno sempre apprezzato la luce e il fuoco come doni preziosi e vitali di Dio. Là dove permane il buio manca la vita, non si riconoscono la bellezza dei colori e delle cose: solo quando il sole torna a splendere, il cuore della vita del mondo torna a pulsare.La nostra società, fatta di luci sempre accese, rischia di farci illudere che possa essere l’uomo ad illuminare ogni parte della sua vita, a tenere lontano da solo la tenebra del male. Non c’è il senso della gratuità del sole che ogni giorno ridà calore al nostro esistere e dell’importanza di una luce con cui rischiare il cammino quando mi ritrovo completamente al buio. C’è un buio del cuore che rischia di essere dimenticato e soffocato

In cammino alla ricerca della luce della verità

Da sempre l’uomo si rivolge a Dio come luce perché riconosce che la vita è un dono, che non dipende solo dalle nostre forze: è chiedere l’aiuto benevolo di Dio per la nostra vita concreta. Lo ha fatto con forme primitive in cui si vedeva nel sole stesso un dio e si innalzavano santuari al dio sole. Nello stesso tempo nell’uomo emergono sempre domande più profonde per cui si cerca dal divino non solo l’aiuto perché la stagione sia favorevole, ma anche luce alla nostra ricerca di senso e significato, soprattutto quando non capiamo il perché dell’odio, della violenza, della malattia e della morte.
“A prima vista, l’esistenza personale potrebbe presentarsi radicalmente priva di senso. Non è necessario ricorrere ai filosofi dell’assurdo né alle provocatorie domande che si ritrovano nel Libro di Giobbe per dubitare del senso della vita. L’esperienza quotidiana della sofferenza, propria ed altrui, la vista di tanti fatti che alla luce della ragione appaiono inspiegabili, bastano a rendere ineludibile una questione così drammatica come quella sul senso. A ciò si aggiunga che la prima verità assolutamente certa della nostra esistenza, oltre al fatto che esistiamo, è l’inevitabilità della nostra morte. Di fronte a questo dato sconcertante s’impone la ricerca di una risposta esaustiva. Ognuno vuole – e deve – conoscere la verità sulla propria fine… A questi interrogativi nessuno può sfuggire, né il filosofo né l’uomo comune. Dalla risposta ad essi data dipende una tappa decisiva della ricerca: se sia possibile o meno raggiungere una verità universale e assoluta. In altre parole, l’uomo cerca una spiegazione definitiva, un valore supremo, oltre il quale non vi siano né vi possano essere interrogativi o rimandi ulteriori. Le ipotesi possono affascinare, ma non soddisfano. Viene per tutti il momento in cui, lo si ammetta o no, si ha bisogno di ancorare la propria esistenza ad una verità riconosciuta come definitiva, che dia certezza non più sottoposta al dubbio”. (Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et Ratio, 26-27)
Ogni religione del mondo cerca di dare una risposta alla domanda che l’uomo si porta dentro sul senso della vita e della morte. “Nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza.
Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema sia per mezzo dei propri sforzi sia con l’aiuto venuto dall’alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè delle dottrine, dei precetti di vita e dei riti sacri.
La chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. Essa però annuncia ed è tenuta ad annunziare incessantemente Cristo che è “la via, la verità e la vita” (Gv. 14, 6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose.” (Concilio Vaticano II, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane). E’ Cristo la luce del mondo, e ogni religione riflette una parte di questa luce perché tutti siamo stati fatti in Lui e per Lui.

luceLa lanterna accesa

Nella civiltà della luce artificiale continua ad avere senso la luce delle candele o delle lampade?
Dal punto di vista strettamente funzionale forse no. Non servono a fare più luce! Nello stesso tempo può essere simbolo espressivo di qualcosa o di qualcuno che riteniamo importante sottolineare in quel momento. D’altra parte succede spesso così nella nostra vita. Perché ornare di candelabri più o meno fini una tavola di festa di nozze, quando in casa c’è luce abbondante? A Lourdes non si potrebbe illuminare la piazza con potenti riflettori? Ma allora si perderebbe lo stupendo simbolismo della processione con le fiaccole…
La liturgia del Venerdì Santo, invitandoci a pregare per quanti non credono, ci fa dire: ” O Dio onnipotente ed eterno, tu hai messo nel cuore degli uomini una così profonda nostalgia di te, che solo quando ti trovano hanno pace “. In un mondo di luci che distraggono e attraggono a sé, l’accensione delle luci sulle tombe dei nostri morti e vicino ai presepi delle nostre case, ci faccia riscoprire di essere nel mondo bisognosi di luce, e divenga annuncio sincero fatto a tutti che in Gesù fatto uomo abbiamo scoperto quella Luce che solo può saziare il desiderio di Dio che ogni uomo porta in sé.